“Prima furono gli orsi, perché la gente ormai aveva paura di passeggiare liberamente nei boschi.
Poi furono i lupi, perché è notorio che i lupi mangiano i bambini, oltre al vostro amatissimo cane.
A seguire sterminarono i cinghiali, che sono grossi e pericolosissimi, e se ne prendi uno con la macchina ciao, tu la macchina e il cinghiale (ma del cinghiale chissenefrega).
Poi venne il turno delle vipere, perché è ingiusto che non si possa fare un picnic in santa pace senza essere morsi. Però, per essere sicuri sicuri, non uccisero solo quelle, ma proprio tutti i serpenti, perché comunque fanno schifo, e nessuno ne avrebbe sentito la mancanza.
Quindi uccisero i cervi, che erano sì carini, ma con quei palchi si sa mai, è un attimo che ti sventrano se gli gira male. E uno che fa motocross tranquillo nel bosco non può pensare pure ai cervi, santo cielo.Poi toccò a volpi e faine, perché beh, c’è il discorso della rabbia… Ammazzarono quindi tutti i tassi, i ricci e gli scoiattoli, perché sono sporchi e portano malattie.Fu poi il turno di vespe ed api, con quei pungiglioni cattivi, delle zecche fetentissime, e dei ragni, perché “mio cuggino mi ha detto che c’è il ragno violino che ti morde e muori”.
Poi un giorno si accorsero che sui monti c’era il pericolo dei fulmini: e così coprirono tutti i boschi con reti metalliche, per prevenire che qualche turista ne fosse colpito a morte mentre si godeva il fresco del temporale, che è un diritto riconosciuto anche dall’ONU. Mettere le reti non fu nemmeno troppo complicato, tanto gli uccelli li avevano già ammazzati tutti da tempo, perché avevano quella mania di cagare dove capita, e non è asettico per niente.
E gli alberi? Via tutti quelli troppo alti e pericolosi, quelli con pollini potenzialmente mortali per gli allergici, quelli con le spine, e già che ci siamo pure quelli brutti e storti, che anche l’occhio vuole la sua parte.Chiusero poi tutte le sorgenti, perché l’acqua non era stata analizzata e poteva contenere dei patogeni, e sistemarono bene massi e sassi, per prevenire frane e slogature.
Ovunque misero cartelli: “non gettatevi dai burroni”. Siccome però la gente continuava a cadere nei burroni, perché non si può fare un selfie senza sporgersi per bene, decisero di livellare tutto con grandi ruspe, e chiudere così la questione. Al posto dei burroni veri misero dei poster, e dietro i poster dei chioschetti per fare l’aperitivo prima di riprendere la strada per la città, con un grande orso di plastica all’ingresso, così che la gente potesse ricordarsi che cos’era la vera natura, e magari fare due foto.E fu così che alla fine nel bosco rimase solo una specie: l’uomo, che finalmente si sentiva sicuro.
Ma il bosco, non era più un bosco da molto tempo.”(Dedicato a Jj4) di Elena Baruzzi
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