di Franco Del Moro – E così, dopo aver spaccato il popolo in due fronti contrapposti (obbedienti e resistenti), ora sono riusciti a frantumare anche il fronte della dissidenza che, evidentemente, cominciavano a temere.
Il dispositivo usato – le elezioni – era in effetti imprevedibile, anche se i più lungimiranti sapevano che prima o poi avrebbero trovato e sfruttato le nostre debolezze per farci inciampare lungo il cammino verso la liberazione.
Forse le dimissioni di Draghi, certo non casuali, erano state programmate proprio per il momento in cui l’onda del dissenso si sarebbe ingrossata troppo. Sapevano che la caduta del governo avrebbe generato una corsa al potere di tutte le correnti della resistenza, e che questa avrebbe causato proprio la dissoluzione dei legami di fratellanza che si erano venuti a creare e la perdita della visione comune.
Tutte le ragioni e tutte le posizioni prese dagli esponenti di queste correnti in vista delle elezioni (candidati, non candidati, pro voto, pro astensione…) sono legittime e sensate, ma quello che sfugge è il disegno complessivo, ovvero l’effetto che stanno ottenendo, che è proprio quello che volevano: una infuocata assemblea condominiale, dove i vicini di casa anziché unirsi in una visione comune si scontrano gli uni contro gli altri per questioni secondarie che amplificano i personalismi e le ambizioni nascoste.
Non erano riusciti a dividerci prima, sono riusciti a farlo adesso.
Con (l’apparente) crisi di governo hanno avvelenato il pozzo. Sappiamo bene che con le prossime elezioni non cambierà niente, i satrapi del governo andranno avanti con la loro agenda liberticida come se niente fosse successo; il potere, quello vero, non verrà nemmeno scalfito dagli scrutini, qualunque sarà l’esito.
Ma noi non saremo più gli stessi di prima. Ne usciremo rancorosi e divisi. Ci siamo cascati, era una trappola ben nascosta, difficile da evitare. Facciamo tesoro di questa lezione, e cominciamo sin da adesso a pensare a un percorso di guarigione basato sul dialogo e sull’incontro, con o senza rappresentanza politica.
O non ritroveremo mai più l’unità perduta.