Futuro da dimenticare

di Luca Marchini – Nuovissimi fermenti agitano la cosiddetta Estate 2 Bis che per il secondo anno consecutivo dovrebbe riaprire il nostro Paese a maggio: è un malessere silente, un piccolo brusio che si espande, ma sempre più diffuso. Dalle Partite IVA, mai come ora a rischio collasso, agli stagionali del turismo, alle aspettative delle PMI in assoluta crisi di liquidità.

Non stupisce affatto che, sia sulla bocca dei nostri politicanti – “lampadati” in streaming dal sofa di casa ai solottini televisivi – sia dallo sfiato della panmuflerie panciafichista dei nuovi maître à penser, le parole più gettonate siano Cambiamento di Paradigma e Accelerazione.
Premetto che colui che scrive conosce il verbo di Thomas Kuhn, Deleuze & Guattari e il CCRU, ma non è questo il fulcro della questione. Quello che una volta era Popolo ed ora è massa indistinta, per dirla alla Pasolini, si trova veramente nell’ora più buia dalla fine del secondo confllitto mondiale ad oggi.
Nel momento in cui le riaperture saranno veramente operative, moltissimi esercenti si vedranno costretti a chiudere bottega, ci si troverà di fronte all’amara realtà di un’altra stagione turistica ormai compromessa, aggravata quest’anno dal caos vaccinale di cui per decenza evito di soffermarmi. Ci indignamo sulla protervia del calcio che non si è mai fermato, ma non ci soffermiamo sull’indotto che questo alimenta nei redditi delle famiglie. Non si parla necessariamente di Cristianio Ronaldo e basta.

Altro tasto dolente è la scuola. La famigerata didattica a distanza sembra ormai che diventerà uno standard consolidato anche negli anni scolastici a venire. Ora, Sandro Onofri ci ha lasciato più di vent’anni fa. “Diario di classe”, pubblicato postumo nel 2000, è il canto del cigno, l’ultimo sussulto della scuola pubblica del Novecento poco prima della riforma Berlinguer e della successiva Moratti del 2003, quella del marketing virale; effetto alone sulle famigerate tre “I”, Internet, inglese, e impresa. Per tacer della Gelmini, aziendalizzazione della scuola completata. Test d’ingresso a gogò, piani quinquennali, automatizzazione dei processi creativi, i vergognosi test INVALSI, esaltazione dell’omogeneità. Onofri già all’epoca aveva la consapevolezza che i “ggiovani” non fossero un unicum indistinto, Lucia Azzolina e Patrizio Bianchi non saprei. Approntare per due anni di seguito un intero sistema di apprendimento con una didattica immersiva-globale costruttivista a distanza, tramite una piattaforma online, non può che negare la soggettività del singolo.

Una scuola in cui la motivazione all’apprendimento non è data per scontata e la coercizione all’attenzione è sempre più frammentata non può portare a nulla di buono. A volte, anche quando il docente sia motivato e preparato, non c’è garanzia per il più debole che già fatica in una lezione frontale, figuriamoci in una didattica sul Web dove il docente è destinato a sparire tra ambienti virtuali 3D e fimati YouTube.
In questo caso trionferanno i soliti noti, coloro che hanno un ambiente familiare e sociale di eccellenza con risorse economiche e culturali; chi è reduce da un contesto disagiato, chi si trova in difficoltà verrà sempre più emarginato, ovvero approssimativamente almeno il 65% degli studenti. Parafrasando Todorov, la vittima npn deve capire il persecutore perché se lo capisse si autodistruggerebbe-

Lasciar valutare una piattaforma online, tralasciando i contesti familiari e sociali, è la morte dell’immaginazione, del pensiero critico. La virtualizzaziome può portare alla sindrome dell’perrrealtà, dove i confini tra vero ed immaginazione sono impercettibili.
L’insegnamento a distanza può essere un surrogato in una fase di emergenza limitata, non parte integrante della normale programmazione didattica. La tanto vituperata lezione frontale, il contatto umano in praesentia è fondamentale; confrontarsi con la diversità, sia fra i docenti sia fra gli studenti medesimi. I rapporti devono essere diretti e non mediati da interfacce digitali.

Tutto lo sviluppo di un individuo si basa proprio sugli anni della formazione e pensare di insegnare a distanza storia a una classe con ragazzi di origine rumena, magrebina, sub-sahariana o sudamericana è pura follia perché ognuno ha il proprio sostrato culturale e bagaglio socio-esperienziale.
La scuola deve garantire a tutti non il successo formativo che non significa nulla. Di “formati” disoccupati non saranno forse pieni i cimiteri, ma i moduli per il reddito di cittadinanza sì – questa volta parafrasiamo qualcun’altro meno nobile di Pasolini – La scuola deve garantire il pieno sviluppo della persona, un’ipotesi a tutti perché ci sarà sempre qualcuno, proveniente da un ambiente disagiato, come il Massimiliano del libro di Onofri per cui la cosa più importante è andarsene da Ladispoli.

LUCA MARCHINI

Gli ultimi su Blog dei Leoni