La bianca gioia

La chiamano Zona Bianca, incensata come il miraggio appena solidificatosi davanti agli occhi dei fedeli.
Un paradiso in Terra per chi è stato buono, ligio, servizievole. Per chi non ha peccato.

Così l’adepto – aspergendosi di fragranze fruttate e vestendo camicie di lino – si vede persino restituita la libertà nelle notti post solstizio dopo le ore 23. E bivacca euforico, coi suoi occhi seppiati, davanti ai locali sudati della cosiddetta movida.

Quel che l’adepto – il redento, il salvato – ignora è che da dopodomani quel colore di purezza sarà accostato agli altri, ai gironi infernali e purgatoriali diversamente variopinti, aggiungendo così di fatto un nuovo e ulteriore paletto a fratturare Italia, per superare il quale sarà ancor più necessario il lasciapassare pornototalitario che qualche “Costituzionalista” – bontà sua – riesce perfino a considerare più che legittimo. Tornerete nei recinti a settembre o ottobre, tranquilli.

Naturalmente l’unica cosa sensata da fare è alzare le spalle con una scrollata di indifferenza, una risata a mezza bocca, e far saltare a mezzo prassi e dalla base questo impianto fatto di vergogna e munnezza.

O altrimenti fare come quelli dal costato molle: una serie Tv, una canzone dal balcone, un goccio di spumante, un filmetto osè, la pisciatina al cane, figli museruolati nei mattatoi di Stato, e la bocca ingolfata di coriacee banalità. In sicurezza, ca va sans dire.

Uno splendore. Per luccicanti morti in vita.
Uriel Crua

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