Scuola. Il contatto umano è una cosa di cui aver paura

“Scuòla (pop. o poet. scòla) s. f. [lat. schŏla, dal gr. σχολή, che in origine significava (come otium per i Latini) libero e piacevole uso delle proprie forze, soprattutto spirituali, indipendentemente da ogni bisogno o scopo pratico, e più tardi luogo dove si attende allo studio]. – 1. Istituzione a carattere sociale che, attraverso un’attività didattica organizzata e strutturata, tende a dare un’educazione, una formazione umana e culturale, una preparazione specifica in una determinata disciplina, arte, tecnica, professione, ecc.
Istituzione a CARATTERE SOCIALE.
Ecco, già qui, abbiamo fallito, con la didattica a distanza, per non parlare della formazione UMANA che ad oggi insegna ai bambini che l’unico modo per stare al sicuro è indossare una museruola, e che il contatto umano è una cosa di cui aver paura.

Mi chiedo, che cosa stiamo facendo?
Dopo un recupero negli ultimi anni di un accudimento ad alto contatto nei primi anni di vita del bambino, a cui siamo arrivati dopo aver per troppo tempo delegato la gestione delle emozioni del neonato solo a se stesso, senza che avesse gli strumenti per poterlo fare; dopo aver finalmente realizzato che il prendersi cura dei propri piccoli non è una debolezza ma è una necessità per i nostri bambini e che alcune scuole di pensiero come quella di Estivill, che promuoveva un distaccamento graduale dalla figura materna, erano deleterie per uno sviluppo psico-fisico adeguato. Oggi, dopo aver riportato gran parte delle mamme a vivere una maternità più piena e consapevole, abbiamo buttato tutto all’aria per delle decisioni scellerate che non abbiamo il coraggio di contrastare. Forse però non è tutto perduto.

Sta ai genitori, alzare la testa, e pretendere che la Scuola torni ad essere “libero e piacevole uso delle proprie forze, soprattutto spirituali”, un luogo di Educazione ai rapporti umani, all’autostima e alla consapevolezza, alla realizzazione dei propri talenti.

Sta ai genitori decidere questa volta per il bene dei propri figli, non sulla base della paura, ma su quella dell’amore.
E allora forse, avremo la speranza che gli adulti di domani possano ricordare questo periodo come un brutto sogno, e non come il tempo in cui l’umanità ha rinunciato alla propria natura per colpa della follia di qualcuno.

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